Antonio Zanchi (Este 1631 – Venezia 1722)
Un dipinto raffigurante un Matematico, ancora sul mercato antiquario, s’allinea alla serie di figure di sapienti, di poco precedenti, se non contemporanee, di Luca Giordano. Si tratta sempre di figure virili e rudi, miseramente abbigliate, che denunciano, secondo l’ideologia dei “tenebrosi” la povertà virtuosa ma anche la libertà di spirito della cultura e della scienza nell’età barocca. Ma questo culto dei sapienti sconcerta poi nei modi delle sue rappresentazioni. Lo studioso è soprattutto un corpo, non un volto, che appena s’intravede come tale nello scorcio piegato. La squadra è brandita come un’arma e anche il libro è maneggiato con un impaccio strano ed evidente, come di chi ne ignori il significato. La figura è quella di un gigante, improbabilmente muscolosa, con una benda da sudore alla testa. L’enfasi dei corpi, come in Michelangelo, meglio di qualunque altro mezzo esprime la nuda grandezza dello spirito. Zanchi pare in effetti perseguire la ricerca di un michelangiolismo barocco, forse sulla falsariga delle indicazioni del suo maestro romano, Ruschi, che sono tuttavia di gran lunga oltrepassate nell’ostentazione.
estratto dallo scritto di Sergio Marinelli professore ordinario alla Ca Foscari : Il virtuoso Antonio Zanchi .
Aldebaran I scripta edizioni 2012 pag. 181, 182