Filippo Napolitano

Filippo de Llano detto Filippo Napolitano ( 1590 circa~ Roma 1629)

San Dionigi atterrisce i carnefici mostrando il capo mozzato

Olio su tela, 65,3 x 84,9

Il dipinto in esame può senza alcun dubbio attribuirsi a Filippo Napoletano offrendo,

con il suo ritrovamento, l’occasione per una serie di importanti considerazioni sia sul

suo autore sia sui suoi rapporti con il pittore francese Nicolas Poussin.

L’aspetto principale della questione è costituito dal fatto che l’opera esiste in almeno

dieci versioni di mano diversa e recentemente Jacques Thuillier, che ne ha esaminato

la maggioranza, ritiene di averne individuato il prototipo in una tela eseguita da

Nicolas Poussin prima del trasferimento a Roma, oggi in una raccolta privata a New

York.

Quest’ultimo Quadro costituisce un importante elemento della complessa questione

del periodo giovanile del pittore francese rimasto relativamente sconosciuto nonostante

gli studi ampi e approfonditi su tutta la sua opera scaturiti dalle commemorazioni

dovute al centenario della nascita nel 1994.

In riferimento a questa tela esiste anche un bel disegno, nella raccolta Lehman del

Metropolitan di New York che raffigura, sembra, uno studio preparatorio per uno dei

due: compagni del Santo decapitati, Rustico ed Eleuterio. Molto interessante è il caso che

sia il dipinto sia il disegno fossero attribuiti originariamente a Filippo Napoletano.

Agli Uffizi sono conservati, fra gli altri fogli di Filippo, anche due disegni che

raffigurano due nudi legati, diversi ma molto simili negli atteggiamenti contorti ai due

martiri del fondo del quadro e che non hanno finora trovato nessun riscontro nella

produzione nota del pittore, ma sembrano elaborazioni destinate a questo soggetto,

giustificando con grande forza l’attribuzione antica a Filippo del disegno Lehman.

Questa attribuzione tradizionale si motiva per l’affinità dell’episodio con le tematiche:

tipiche del pittore, educato a Napoli in un ambiente culturale dove martiri, inferni,

incendi e scheletri, potevano contare, in quegli anni, su sperimentatori come Monsù

Desiderio, Jacob Van Swanenburgh , Cornelio Brusco e il cosiddetto Maestro dei

Martiri. La cultura napoletana di gusto un po’ forte che Filippo si porta dietro alla corte

medicea, quando vi giunge nel 1616, deve averlo spinto ad apprezzare l‘idea di questo

soggetto sconcertante. Ciò forse potrebbe costituire un motivo sufficiente per giustificare

l’antica attribuzione a Filippo del dipinto di Poussin ma non è l’unico.

Il ritrovamento del dipinto napoletano che per la finezza dei dettagli coloristici per le

luci accuratamente studiate, per pennellata elegante e minuta si rivela opera del

Napoletano giustifica la tradizione attributiva che voleva nel’ ambito dei petits maitres in

Italia e in Francia un dipinto dell’artista con questo soggetto

Altro motivo che poteva far supporre l’esistenza di questo dipinto e il grandissimo

numero di copie esistenti. La particolarità dell’episodio, che non ha molti precedenti,

potrebbe costituire una giustificazione almeno parziale a questo proliferate di

riproduzioni. In realtà l’esistenza di tante copie in Francia e in Italia sembra far supporre

l’esistenza di più di un modello: in Francia di Poussin e in Italia di Filippo Napoletano.

Le possibilità di incontro fra i due artisti sono molteplici a Roma dove entrambi vivono

fra il 1624 e il 1629 data della morte di Filippo e dove frequentano entrambi l’ambito

colto e sofisticato di Cassiano dal Pozzo.

Probabilmente però il loro primo scambio si verificò in anni precedenti, come diversi

studiosi ipotizzano, nonostante il mistero che avvolge ancora il primissimo viaggio di

Poussin in Italia, avvenuto nel 1618. I biografi, anche quelli più vicini a. Poussin, come

Bellori, Passeri, Felibién, sono estremamente vaghi a proposito di. questo breve soggiorno

a Firenze dell’artista anche perché pare che egli Stesso non abbia fornito molte notizie a

riguardo. Thuillier giunge a credere che il silenzio dell’ artista sia stato obbligato dalle

delicate circostanze dell‘evento.

ll giovane Poussin era, nel 1617, alla corte di Maria dei Medici, moglie di Enrico IV

re di Francia e cugina di Cosimo II, divenuto Granduca di Toscana nel 1609 alla morte

del padre Ferdinando I.

A causa dell’ assassinio del maresciallo d’Ancre, la regina di Francia fu esiliata a Blois e

con lei i suoi fedeli, come Poussin. E forse al giovane pittore, desideroso di vedere l’ Italia

e il cui viaggio sarebbe per questo passato inosservato (come le e odierne vicende

confermano), la regina, nel 1618, avrebbe affidato una ambasceria da compiere a Firenze

presso il cugino. Il segreto e la delicatezza della missione avrebbero causato il rapido

ritorno del pittore in patria e 1a vaghezza delle notizie a riguardo. Questa spiegazione

romanzesca è accreditata dal Thuillier e potrebbe costituire il frutto di una fantasiosa

congettura, ma di certo rimane il viaggio a Firenze del pittore che altri studiosi datano

intorno al 1620 e in ogni caso durante il ducato di Cosimo II

In quegli anni Filippo Napoletano era nel periodo di maggiore fortuna essendo l` artista

prediletto del Granduca che amava moltissimo i suoi dipinti animati da piccole figure e

lo ospitava nelle sue stanze private per guardarlo dipingere. Filippo infatti pur essendo

oggi ritenuto uno dei primi e maggiori esponenti del genere paesaggio era ai suoi tempi

molto apprezzato sopratutto per gli atteggiamenti e la varietà delle figurine. I dipinti

principali del periodo fiorentino infatti costituiscono una sapiente unione di figure e

paesaggio in cui la storia religiosa o profana viene valorizzata dal paesaggio circostante.

La proporzione che nelle opere di Filippo e molto nuova e sarà di grande successo in

seguito e quella delle cosiddette figure terzine: a questo tipo di dipinti, fra i quali

contiamo il .Martirio di San Sebastiano, il Calvario, la Fiera dell’ Impruneta, il Ballo

Campestre, tutti nelle Gallerie fiorentine, appartiene anche il Martirio di San Dionigi.

Che Poussin possa aver portato a Firenze una Versione del San Dionigi? o forse un

disegno preparatorio? o il disegno di una composizione più grande del Santo incoronato

degli angeli , oggi a Rouen (Musee des Beeux-Arts), che nello sfondo mostra l’ episodio

del nostro dipinto in controparte?

Si tratta di ipotesi che non trovano soluzione nella cronologia del periodo giovanile del

pittore. Il problema della datazione, ma anche quello dell’attribuzione delle due storie di

San Dionigi non sembra ancora risolto ‘per mancanza di elementi certi. Non siamo in

grado di precisare se queste due opere siano state realizzate prima o dopo il soggiorno a

Firenze. A proposito del dipinto di Poussin a New York, Thuillier si limita a dire che

dalle analisi chimiche e fisiche non emerge nulla che contrasti l’ipotesi di una sua

esecuzione a Parigi fra il 1615 e il 1520.

Ciò potrebbe indurre anche a pensare che a Firenze, vedendo le opere del Napoletano il

Poussin possa aver maturato l’idea di trasformare in dipinto singolo lo sfondo del suo

grande San Dionigi che forse aveva appena eseguito o al quale stava lavorando.

ll Napoletano, artista colto intelligente duttile avrà sicuramente capito il genio del pittore

francese e intuito che la sua maniera e la sua pittura erano impostate su una idea dell’arte

che aveva nella mente e non nel pennello il suo più potente strumento; a sua Volta

Poussin avrà tenuto conto del fallo che Filippo era più anziano, anche se di poco, e per la

sua grande bravura era tenuto in grande considerazione dai Medici a Firenze che

esercitava un ruolo dominante in Italia centro indiscusso de1l’arte europea.

A Firenze Filippo fu in stretta relazione anche con il lorenese Jacques Callot e i rapporti

fra i due probabilmente non sono stati unidirezionali, ma di scambio. Partito alla morte

di Cosimo II da Firenze 1622, egli non solo continuò la sua vita quasi itinerante

fra Roma e Napoli, ma mori piuttosto giovane, nel l629, e quindi le sue tracce e la

sua fama si persero molto rapidamente anche per il genere e le tipologie dei dipinti

eseguiti. La sua figura, ancora misconosciuta, andrebbe valorizzata anche rispetto ai

rapporti con gli altri artisti e meriterebbe uno studio approfondito.

Non possediamo d’altro canto alcun elemento per formulare ulteriori ipotesi sulla

produzione giovanile del Poussin,destinato a raccogliere grandi successi a Roma in

seguito e quindi la situazione dei rapporti fra i due. artisti deve per ora fermarsi qui in

attesa di ulteriori sviluppi. Non si puo escludere cosi che Poussin giunto in Italia nel

1624 abbia portato a Roma il suo quadro che può aver offerto il modello per tutte le versioni successive fra le quali quella di Filippo Napoletano che a sua volta può

averne eseguito più di una come talvolta gli capitava di fare.

Dispiace solo di questo bel dipinto il fatto che il tempo e la solerzia dei restauratori

abbiano reso di difficile lettura il fogliame dell’ albero a destra e il turgore del cielo,

salvando fortunatamente i rialzi luminosi di quasi tutta la superficie pittorica e la

folgorante fascia di luce che definisce la sagoma dei monti sul fondo.

Maria Rosaria Nappi

25- 2 -2000

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